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Tagli al Fondo d'Istituto

TAGLI AL FIS E CORSI DI RECUPERO

Scritto da Antonino Petrolino

 

L’antefatto

L’intesa raggiunta a dicembre scorso fra sindacati e Ministero in materia di fondi per il miglioramento dell’offerta formativa prevede tagli alla dotazione fin qui riconosciuta alle scuole per la contrattazione integrativa.

 

Quell’intesa non è stata ancora registrata dalla Corte dei Conti ed il Ministero, per parte sua, non se l’è sentita di renderla immediatamente esecutiva, rischiando di essere poi costretto a fare marcia indietro in caso di rilievi dell’organo di controllo.

Il protrarsi di questa situazione ha determinato di fatto lo stallo di tutte le contrattazioni di istituto, stante che non era noto l’ammontare delle risorse su cui contrattare: ma intanto oltre metà del periodo delle lezioni è trascorsa senza che – almeno in teoria – si potessero conferire incarichi aggiuntivi al personale per lo svolgimento di attività e progetti. In pratica, alcune attività vengono svolte comunque, ma a rischio di non essere poi retribuite o di non esserlo nella misura corrispondente all’impegno di tempo e di lavoro.

Ad aggravare la situazione, ci si è messa la fase di agitazioni dei docenti che ha accompagnato il cammino della legge di stabilità e il paventato innalzamento dell’orario di insegnamento a 24 ore.

Una sorta di jacquerie ha percorso i collegi – in parte su impulso di alcuni soggetti sindacali, che nella circostanza si sono dimostrati poco lungimiranti. Infatti, spingere per il blocco delle attività incentivabili aveva l’unico effetto di danneggiare gli stessi insegnanti, cui si veniva a ridurre o azzerare anche l’unica possibilità di retribuzione accessoria.

Il risultato è noto: la proposta delle 24 ore è rientrata quasi subito, ma per un effetto di “rimbalzo” è arrivato l’accordo sugli scatti di anzianità, che ha portato con sé i tagli al fondo per il miglioramento dell’offerta. Risultato: in cambio di un aumento solo per alcuni (circa un sesto del totale) e solo di poche decine di euro, una discreta quota del MOF è evaporata. Non solo: ma probabilmente quel che è rimasto non sarà neppure distribuito del tutto, perché il prolungato blocco delle attività non essenziali non consentirà di pagare per intero i compensi a fine anno.         

Si potrebbe dire che – ben più che le “vituperate” norme del DLgs. 150/09 – questo insieme di circostanze ha dato un colpo di grazia alla contrattazione integrativa, che perde ovviamente il suo valore di strumento di governo delle politiche del lavoro per diventare mera ratifica a posteriori di cose comunque fatte e che comunque non si potevano non fare. Le scelte del sindacato e l’iperreattività degli stessi attori hanno dato una robusta mano in vista di questo risultato, che non si comprende a chi realmente giovi.

L’intesa di gennaio e le sue conseguenze sui corsi di recupero

Il 30 gennaio scorso i sottoscrittori dell’intesa di dicembre hanno cercato di disincagliare la contrattazione dalle secche in cui era finita ed hanno firmato un ulteriore accordo per l’assegnazione alle scuole, in tempi “brevi”, di un acconto a valere sui fondi oggetto di quell’intesa. Tecnicamente, questo accordo non ha neppur esso valore esecutivo: un acconto su fondi che non sono ancora giuridicamente disponibili in realtà non si potrebbe fare. Ma è anche ovvio che gli eventuali rilievi della Corte non potranno travolgere l’intera somma e che, senza questa “toppa”, sia pure colorata, veramente la contrattazione integrativa rischiava di finire in soffitta.

E dunque l’accordo è sicuramente mosso da intenzioni condivisibili e sopravviverà probabilmente anche ai possibili rilievi dell’organo di controllo.

C’è in esso un aspetto – che era contenuto anche nell’intesa precedente – che ha fatto scattare timori (o aspettative, secondo il punto di vista): i tagli non sono lineari, cioè non incidono in ugual misura sulle varie voci che compongono il fondo; in particolare, non intaccano la quota di 857 euro per docente iscritto nell’organico di diritto (riservata alle scuole superiori, per lo svolgimento degli interventi di recupero).

Non solo questa somma è confermata rispetto agli anni precedenti, ma è anche resa

immediatamente disponibile per intero nell’acconto. Il fine è evidente e non richiede particolari commenti: anche la scelta di tempo è ragionevole (gli interventi di recupero devono iniziare subito dopo gli scrutini intermedi). Ma la domanda è: si è costituito con questa indicazione un vincolo di destinazione su quella quota del fondo?

In passato, nella quasi generalità dei casi, non era così: i tre importi di cui era costituita la parte principale del fondo sono stati assunti come parametri di calcolo, ma il totale è sempre stato considerato come un tutto indiviso, la cui ripartizione era affidata appunto al tavolo negoziale, nel rispetto dei criteri indicati dagli organi collegiali.

Chi scrive è dell’avviso che le cose non siano sostanzialmente cambiate, in quanto entrambe le recenti intese hanno natura solo economica e non modificano il quadro giuridico, che rimane quello già noto. E quindi il fondo è disponibile per intero (si fa per dire: in realtà, nella misura dell’acconto, calcolato con i parametri concordati il 30 gennaio) per tutte le finalità ricomprese nel miglioramento dell’offerta formativa.

Una cautela doverosa ed un percorso possibile

C’è però un “però”. Occorre tener conto che questa materia incide anche su interessi legittimi di terzi e non solo sui rapporti bilaterali fra datore di lavoro/amministrazione e lavoratori: è in gioco l’interesse delle famiglie e degli studenti a ricevere un servizio dovuto per legge. Ed il ruolo del dirigente, anche a prescindere dal timore di eventuali ricorsi, è quello di garantire in primo luogo gli interessi del servizio.

Dunque, anche se non si può dire che le recenti intese abbiano introdotto un vero e proprio vincolo di destinazione, prudenza suggerisce di considerare con cautela l’utilizzo di quella quota di FIS per fini diversi.

Il suggerimento è quello di valutare con molta attenzione il prevedibile fabbisogno economico per lo svolgimento degli interventi di recupero, sia intermedi che finali.

 A tal fine, un buon parametro è quello della misura media effettivamente rilevata nei tre anni precedenti.

A fini di comparabilità, sarà opportuno ricondurre quella cifra complessiva al costo per classe: meglio ancora, al costo per livello di classe. L’esperienza insegna infatti che il fabbisogno nelle prime classi è diverso da quello che di solito si registra nelle ultime. Ottenuto questo dato, basterà spalmarlo sull’organico di fatto del corrente anno per stimare con buona verosimiglianza il livello di fabbisogno atteso.

A quel punto, è consigliabile un passaggio in Collegio docenti, per far ratificare non il livello di spesa ma la modulazione degli interventi necessari, nei limiti del budget calcolato. E’ bene che si arrivi alla seduta con una documentazione molto analitica e ragionata, per evitare tentazioni di fughe in avanti o prese di posizione massimalistiche. Siccome, inevitabilmente, quel che si spende per gli interventi di recupero viene sottratto ai progetti (che di solito stanno più a cuore ai docenti),

bisogna evitare delibere in qualche modo condizionate da un sotterraneo conflitto di interessi fra le stesse persone chiamate a decidere. Ne guadagnerà la qualità del dibattito e la deontologia collettiva.

Fatti questi passaggi, si verificherà se il fabbisogno per i corsi sia o meno superiore alla quota del FIS (857 euro x numero docenti in organico di diritto). Se è inferiore, la differenza può essere dirottata con ragionevole tranquillità alla contrattazione per altri progetti ed attività del POF; se è superiore, si potrà “limarlo” per riportarlo all’importo espressamente assegnato a quel fine.

Si deve sconsigliare di procedere alla determinazione del fabbisogno in via unicamente “tecnica”, cioè da parte del dirigente o delle funzioni strumentali: sarà magari una soluzione più veloce e più ragionevole, ma – visto che ci si muove fra interessi contrapposti ed in un contesto di risorse insufficienti – è più opportuno un passaggio in Collegio Docenti. Oltretutto, questa è una materia su cui l’organo ha titolo ad esprimersi: si tratta solo di guidare il dibattito per non farlo scadere ad una

poco edificante questione di spartizione delle magre risorse.

Inutile ricordare che sedute delicate come queste vanno preparate con cura: sia a livello di studio dei dati e di predisposizione di documenti, sia a livello di relazioni con i collaboratori più fidati, con le funzioni strumentali e con i docenti più ascoltati dai colleghi.

Dopo una tale istruttoria, il tavolo negoziale non dovrebbe riservare sorprese né grandi margini di modifiche: lo stesso contratto nazionale prevede che la contrattazione integrativa si svolga nel rispetto delle prerogative degli organi collegiali e di quelle del dirigente. Una volta che il percorso sia stato istruito correttamente, la contrattazione non potrà modificarlo agevolmente. Come è giusto che sia, in una materia che – lo si vuole ricordare ancora una volta – riguarda in primo luogo gli interessi dell’utenza: e di quella più debole in particolare. C’è un’etica anche nella contrattazione, pur se talvolta si tende a dimenticarlo …

 

Antonino Petrolino - dal sito www.anplazio.it